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Vesna Pavan - Artist Painter Designer - Milano Facebook Twitter YouTube

SKIN & FUSION

Recensione critica a cura di LUCA BEATRICE

Quando Louise Veronica Ciccone, in arte Madonna, vestiva gli abiti della giovane ribelle, trasgressiva e sfrontata, era il 1984; portava capelli corti con ancor più striminziti shorts di jeans e gonnelle in tulle colorato, sopra calze a rete e tacchi a spillo. La Madonna di Like a Virgin non sapeva ancora che sarebbe diventata l’eroina pop per eccellenza di fine Novecento, l’orientamento di tendenze culturali e sociali, la stella guida una fila di giovani promesse musicali che ancora oggi, a lei, devono tutto o quasi.

L’icona Madonna è il caso più conclamato di quello che può fare il potere mediatico, la persuasione erotica al femminile, la sensualità di stampo postmoderno: una capitolazione di desideri nell’alleanza perfettamente riuscita di fantasie e loro possibilità, di sogni che diventano realtà.

Il trasformismo cui ci ha abituati Madonna è stato in grado di rileggere e anticipare le mode di generazioni intere di ‘Sex Bomb’ (per dirla con le parole di Tom Jones) che, vestendo i suoi stessi abiti – dentro a tutine di pelle, uniformi sadomaso, in mise da spose virginali o nelle divise glam di teenager ammiccanti – hanno costruito, decennio dopo decennio, l’immaginario collettivo, e iconico, della grande bellezza di un sesso non più solo ‘gentile’ ma piuttosto, ‘forte’. L’ideale femminile di seduzione è tradotto in qualcosa di più simile al coraggio, che cerca la sua rivincita, di apparire ed essere.

L’era di Madonna esplode negli anni Ottanta, con plastiche, lustrini, colori cangianti e trasformismi che sbaragliano il termine fashion, di stile, nella più eclettica definizione di look, accessibile su vasta scala. Il look è strategia ingannevole, non lascia scoprire la vera identità e procura molteplici fogge all’apparenza.

Il potere dell’universo femmineo, con la sua carica di erotismo e un’aggressività sprigionata nel corpo e nel suo travestimento, influenza sia le arti visive che la cultura massmediatica, di televisione e pubblicità, con sconfinamenti dell’una nell’altra. Senza scomodare Andy Warhol, anche il re del décollage all’italiana, il nostro Mimmo Rotella, dedica un intero ciclo di lavori al mondo di dive e starlet di Cinecittà, strappate ai manifesti con pose da rotocalco. Poi c’è il caso Jeff Koons e di sua moglie Cicciolina, con la serie di fotografie Made in Heaven nel quale l’uso dell’icona pop, secondo una prassi pubblicitaria già utilizzata, è spinto al parossismo: l’erotismo si trasforma in pura pornografia, la donna oggetto del desiderio è una pornostar, ritratta insieme al marito in pose più che osé.

La donna al centro, esibita ed esibizionista, complice del suo fascino comunicativo, è il soggetto dei lavori di Vesna Pavan. In abiti succinti, siglati ‘eighties’ (giacchette alla David Bowie, scaldamuscoli da Flashdance e body elasticizzati), l’icona femminile coincide con il suo potere affabulatore nel giusto mix di haute couture e cultura pop.

Vesna Pavan è art designer prima di approdare nel sistema dell’arte, di gallerie e personali a lei dedicate. È la moda, difatti, il leit motiv di un ciclo di lavori – Fusion Vogue – che si costruire nel disegno fresco e sintetico, quello della stilista, e poi completato negli interventi materici e gestuali, d’artista, che rendono le sue sagome molto più desiderabili di soli mannequin progettuali. La donna è il simbolo unico di fascino e sensualità, declinata in un erotismo patinato, persino pubblicitario, sfrontata nel suo non conoscere il pudore; è una donna dai contorni sinuosi, modella affabile e certo persuasiva nei messaggi subliminali che induce.

Le femmine erotiche di Vesna Pavan sono l’incarnazione visiva di sogni, e non solo. I suoi collage, di realtà e immaginazione, e alla stregua dei décollage di Mimmo Rotella dedicati alle dive del cinema e soubrette televisive, ci ricordano che la bellezza porta a volte una maschera, veicolata dai valori estetici imposti della cultura mainstream. Quella della moda, della televisione, del consumismo, dell’edonismo e della tirannia dell’immagine. Le modelle di Vesna perdono identità e lineamenti, travestite da segni grafici neri e con pennellate di smalti colorati; non hanno volto e vivono solo in labbra sempre stilizzate in un bacio, come il famoso divano disegnato da Salvador Dalì, una bocca rossa e carnosa, ispirata a quella della celebre pin-up degli anni Trenta, Mae West, ricordata per le sue curve mozzafiato.

L’evoluzione stilistica di Vesna Pavan è nell’ultima sua serie, Skin: il soggetto abitualmente raffigurato sulla tela, qui smaterializzata, è incorniciato dal solo telaio. La silhouette dei corpi si astrae in colature sintetiche di smalti densi, plastici e luccicanti. La pelle traduce in forme cromatiche i dress code di nuove eroine pop, alcune più dichiarate altre no. C’è l’iconografia, a tutti nota, della ‘lady vendetta’: una donna bellissima e disperata, forte e coraggiosa, armata e sposa, la Uma Thurman, o Black Mamba, nel capolavoro postmoderno di Quentin Tarantino Kill Bill.

“Intenso, violento, fino a essere stridente, oppure pastoso e accecante come una colata di metallo in fusione, il giallo è il più caldo, il più espansivo, il più ardente dei colori, difficile da spegnere e che oltrepassa sempre i limiti nei quali lo si vorrebbe confinare”, è il ‘Dizionario dei simboli’ a definire il ruolo di quella pelle gialla usata da Vesna, sulla quale compare il disegno della protagonista Beatrix Kiddo di Tarantino, una moderna Eva Kant, militante di una battaglia tutta personale.

I lavori Skin sono la messa in scena del corpo umano come materia liquida, alla stregua delle sperimentazioni pittoriche adoperate dalle avanguardie degli anni Cinquanta, da Burri a Pollock, con quel coté più pop, di stampo americano, di Claes Oldenburg o Robert Rauschenberg. La pittura è pelle che si decompone e che, così decontestualizzata, perde il suo legame con la rappresentazione tout court, per assurgere a simbolo. La pelle – gialla, rossa, nera, bianca – è metafora della maschera dell’abito, dell’apparenza che ricopre e cela il contenuto. E’ contenitore estetico ed estetizzante.

Vesna Pavan, nella sua cifra stilistica, ha saputo trovare il connubio di colorate, sfavillanti e paradossali rappresentazioni della donna, in controtendenza a un’arte dichiaratamente algida e impegnata. Graffiante e sfrontata, la sua decifrazione dell’universo femminile sperimenta materiali e tecniche secondo una linea grafica che dà parola al colore e all’immagine, facendo capo al mondo dell’illustrazione e del design, per la loro capacità di essere diretti e immediati. Nel mondo della moda apparenza ed essere si alternano e spesso si confondono, è allora nell’arte che questi due elementi trovano spazio per rilanciare un contraddittorio: l’eterno conflitto tra immagine, cioè la rappresentazione, e il suo contenuto.

Vesna Pavan - Artist Painter Designer - Milano - vesnapavan@gmail.com

 
 
 
 
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